Gennaro Picinni, pittore contemporaneo tra i più apprezzati a livello nazionale , è nato a Bari il 20 luglio del 1933. La sua carriera artistica ha avuto inizio nel 1950 ed il suo esordio fu caratterizzato da uno stile astratto che abbandonò a metà degli anni cinquanta, quando entrò a far parte dei ‘pittori del Naviglio’ a Milano, assieme Crippa, Fontana, Giani, Peverelli, Scanavino, Sottsass ed altri.
La sua cifra stilistica è fatta di colori puri e materici assiemati su un impianto grafico di derivazione fiamminga, che lo ha reso riconoscibile nell’intero panorama artistico italiano e che gli è valso il soprannome di Fiammingo delle Puglie.
Al’apice della sua carriera, avendo sovente sviluppato nella sua pittura temi a carattere religioso, alcuni suoi dipinti fanno parte del patrimonio artistico dei Musei Vaticani, esposti nella sezione di arte moderna dell’Appartamento Borgia.
Le opere di Gennaro Picinni eseguite tra il 1950-1955 rappresentano la metafora di tale ‘destino’, che si fa poi ‘progetto’ trasformativo della realtà. Il riferimento ad Argan non è casuale. In un epoca che pericolosamente scivola verso il post-organico e l’omologazione del pensiero, forse l’unica speranza dell’umanità si inscrive nella riproposizione assidua e costante di sentieri lungo i quali possano svilupparsi la creatività e la libertà.
L’astrattismo in parte scaturisce dalle istanze simboliste, dalle scomposizioni cubiste, dall’attenzione alla realtà interiore dell’essere umano, ai suoi paesaggi intimi e sconosciuti. Il mondo esterno sembra derealizzarsi e le forme si destrutturano: un ritorno al passato, all’infanzia del mondo, alla ricerca del proprio sé smarrito nella specularità labirintica della cosiddetta realtà esterna. Il dipinto diviene lo specchio dell’anima, che tende quasi a disincarnarsi mentre rivolge lo sguardo all’eternità.